Massimo Rendina (Venezia, 4 gennaio 1920 – Roma, 8 febbraio 2015) è stato un giornalista e partigiano italiano.
Biografia
Durante il fascismo è vissuto a Venezia e dopo la maturità si è trasferito a Bologna per gli studi universitari. Nel capoluogo emiliano inizia la carriera giornalistica collaborando con il Resto del Carlino e occupandosi di cronaca bianca; suo collega era Enzo Biagi. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si arruolò e divenne sottotenente dei bersaglieri. Venne mandato in Russia con lo CSIR. Rimpatriato per una licenza di convalescenza, tornò a lavorare al Resto del Carlino quando arrivò il 25 luglio e Mussolini venne esautorato.
Dopo l'8 settembre si trova a Torino e decide di entrare nella Resistenza italiana: diventa comandante nelle brigate Garibaldi con il nome di battaglia di Max il giornalista. Diventato capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi, prende parte alla liberazione di Torino e nel capoluogo piemontese riprende la professione di giornalista a l'Unità.
Terminata la guerra si occupa di cinema scrivendo film con Piero Tellini, cura poi la settimana Incom con Luigi Barzini junior e successivamente entrerà in RAI dove dirigerà il telegiornale. Cacciato da Fernando Tambroni, verrà reintegrato nella TV pubblica grazie all'amico Aldo Moro. Negli anni settanta scrive per il settimanale Le ore, diretto da Enzo Peri. Negli ultimi anni della sua vita Rendina fu attivo presso l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI) ebbe gli incarichi di presidente della Comitato Provinciale ANPI Roma[3] e membro del Comitato scientifico dell'Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza.
Nel 2011 ha raccontato nel documentario Comandante Max diretto da Claudio Costa, la sua esperienza di guerra in Russia e nella resistenza, come comandante nelle brigate Garibaldi. Nel film Rendina ricorda le figure di Francesco Scotti, Corrado Bonfantini e Edgardo Sogno. Nell'aprile 2011 venne eletto come uno dei vicepresidenti nazionali dell'ANPI. Muore a Roma l'8 febbraio 2015.
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