Vittorio Arrigoni (Besana in Brianza, 4 febbraio 1975 – Gaza, 15 aprile 2011) è stato un reporter, scrittore e attivista italiano. Sostenitore della soluzione binazionale (uno stato laico e unico per i due popoli) come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, ha contrastato le politiche sioniste e di pulizia etnica nei confronti della popolazione araba[6]; più volte minacciato, arrestato e pestato dalle forze di sicurezza di Israele, che lo ha inserito nella lista nera delle persone sgradite, ha trovato la morte per mano di un sedicente gruppo afferente all'area jihadista salafita.
Biografia
Nasce a Besana in Brianza, oggi provincia di Monza, da Ettore Arrigoni ed Egidia Beretta, piccoli imprenditori. Ha una sorella, Alessandra. I nonni, antifascisti, avevano combattuto nella seconda guerra mondiale, la madre Egidia diverrà successivamente sindaco di Bulciago, il padre Ettore morirà nel dicembre 2011[8]. Dopo il diploma di ragioneria, lavora inizialmente nell'azienda di famiglia, nel mentre si dedica all'aiuto umanitario. Era soprannominato "Vik".
Cooperazione umanitaria
Inizia all'età di vent'anni[9] nell'Europa dell'est, in prevalenza con l'organizzazione non governativa IBO. In Croazia, Russia, Ucraina, Estonia, Polonia, Repubblica Ceca ma anche Perù e altri paesi, opera nella ristrutturazione di sanatori, nella manutenzione degli alloggi per disabili o senzatetto e nell'edificazione di nuove abitazioni per profughi di guerra. Successivamente lavora in Africa (Togo, Ghana e Tanzania) con una cooperativa impegnata contro il disboscamento delle foreste alle pendici del Kilimangiaro e con l'ong YAP, per la quale si occupa della creazione di centri di socialità e centri sanitari.
Nel 2002 è inviato con la ong IPYL a Gerusalemme Est, nella stessa esperienza che vedrà la morte di Angelo Frammartino. A Nablus, nel 2003, collabora con l'organizzazione del politico francese José Bové. Da quell'anno diventa membro dell'ong International Solidarity Movement, e si interessa della causa palestinese, schierandosi contro il comportamento dello Stato di Israele verso la popolazione della Striscia di Gaza, criticando la politica autoritaria e teocratica di Hamas nell'amministrazione della Striscia e quella di al-Fath in Cisgiordania.
Nel 2005 viene inserito a sua insaputa nella lista nera delle persone sgradite ad Israele. Il 26 marzo dello stesso anno, per questa ragione, è fermato in ingresso alla frontiera con la Giordania. Picchiato dai militari israeliani viene poi abbandonato in territorio giordano e soccorso da militari giordani. Dopo un'interrogazione parlamentare sulla vicenda da parte del senatore Sauro Turroni al Ministero degli Esteri italiano lo scrittore Amos Oz spiegherà ad Arrigoni che la presenza a Gaza era a suo parere sgradita poiché avrebbe potuto testimoniare contro Israele per crimini di guerra alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia.
Nell'estate 2006 partecipa come osservatore internazionale alle prime elezione libere nella Repubblica Democratica del Congo, accompagnato dal sottosegretario del Ministero degli Esteri italiano Patrizia Sentinelli e col supporto logistico-finanziario del II Governo Prodi.
Nel settembre 2007 parte in missione umanitaria in Libano, e presso il campo rifugiati di Beddawi lavora all'ampliamento della clinica locale.
Dopo la precedente espulsione, torna passando via mare nell'agosto 2008 a vivere a Gaza come attivista umanitario; al suo arrivo riceve la cittadinaza onoraria palestinese. Dalla Striscia, diffonde informazioni sulle condizioni dei palestinesi gazawi. Nel novembre dello stesso anno è ferito, incarcerato e espulso dall'esercito israeliano per aver difeso 15 pescatori palestinesi che cercavano di pescare nelle proprie acque territoriali. Rientra definitivamente a Gaza il 21 dicembre, a bordo della nave Dignity del movimento Free Gaza.
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