Umberto II di Savoia (Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia; Racconigi, 15 settembre 1904 – Ginevra, 18 marzo 1983) è stato luogotenente generale del Regno d'Italia dal 1944 al 1946 e ultimo re d'Italia, dal 9 maggio 1946 al 18 giugno dello stesso anno sebbene, per i gravi contrasti sorti in merito ai risultati del referendum istituzionale del 2 giugno, lasciò il Paese il 13 giugno 1946. Per il breve regno (poco più di un mese), è anche detto Re di maggio.
Vita
1904 - 1913 - l'infanzia
Umberto II era figlio di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, aveva 4 sorelle: Iolanda, Mafalda, Giovanna e Maria Francesca. Nacque nel Castello di Racconigi, alle 23:15 del 15 settembre 1904 e alla nascita pesava 4 chili e 550 grammi. Vittorio Emanuele III telegrafò immediatamente dopo, nell'ordine, alla Palazzina di Caccia di Stupinigi dove si trovava la madre, Margherita di Savoia: «Mamma, abbiamo avuto un figlio. Lo chiameremo Umberto», al sindaco di Roma e al presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, comunicando che avrebbe devoluto un milione di lire alla Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia degli operai. Quel giorno stesso la Camera del Lavoro di Milano aveva accolto la proposta di sciopero generale, il primo in Italia, che sarebbe durato altri cinque giorni.
A causa di questo l'avvenimento divenne di dominio pubblico in modo defilato, poiché il 16 settembre solo il Corriere della Sera poté andare in stampa, e contrastato: a Milano gli scioperanti costrinsero il sindaco Barinetti a togliere la bandiera dal balcone del municipio[5] e Giolitti, già impegnato a Roma col governo nel varare misure atte a risanare la pace sociale e politica, impiegò alcuni giorni ad arrivare, in veste di Notaio della corona, a Racconigi, per stendere l'atto di nascita. Il bambino, battezzato la sera del 16 coi nomi di Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria[6], il 20 settembre venne infine regolarmente registrato, con atto firmato dal presidente del Consiglio, controfirmato da Giuseppe Saracco presidente del Senato come ufficiale di stato civile e da Vittorio Emanuele III e presenti come testimoni Costantino Nigra e Giuseppe Biancheri, presidente della Camera.
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