Gabriele D'Annunzio, principe di Montenevoso, a volte scritto d'Annunzio, come usava firmarsi (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938), è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, aviatore, militare, politico e giornalista italiano, simbolo del Decadentismo italiano[4], del quale fu il più illustre rappresentante assieme a Giovanni Pascoli, ed eroe di guerra.
Soprannominato il Vate cioè "il profeta", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. Come letterato fu «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana e come politico lasciò un segno sulla sua epoca e una influenza sugli eventi che gli sarebbero succeduti
Biografia
La famiglia e gli anni di formazione (1863-1881)
Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese benestante. Terzo di cinque figli, visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Dalla madre, Luisa de Benedictis (1839-1917), erediterà la fine sensibilità; dal padre, Francesco Paolo Rapagnetta (1831-1893) (il quale acquisì anche il cognome D'Annunzio da un ricco parente che lo adottò, lo zio Antonio D'Annunzio[9]), il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, che portarono la famiglia da una condizione agiata a una difficile situazione economica. Reminiscenze della condotta paterna, la cui figura è ricordata nelle Faville del maglio e accennata nel Poema paradisiaco, sono presenti nel romanzo Trionfo della morte. Ebbe tre sorelle, cui fu molto legato per tutta la vita, e un fratello minore:
Anna (Pescara, 27 luglio 1859 - Pescara, 9 agosto 1914)
Elvira (Pescara, 3 novembre 1861 - Pescara, 1942)
Ernestina (Pescara, 10 luglio 1865 - Pescara, 1938)
Antonio (Pescara, 1867 - New York, 1945), direttore d'orchestra, si trasferì negli Stati Uniti d'America, dove perse tutto nella crisi economica del 1929; D'Annunzio lo aiutò finanziariamente con cospicui prestiti, ma le continue richieste di denaro spinsero Gabriele a rompere i rapporti e a rifiutare di incontrarlo al Vittoriale.
Il giovane D'Annunzio non tardò a manifestare un carattere ambizioso e privo di complessi e inibizioni, portato al confronto competitivo con la realtà. Ne è testimonianza la lettera che, ancora sedicenne nel 1879, scrive a Giosuè Carducci, il poeta più stimato nell'Italia umbertina, mentre frequenta il liceo al prestigioso istituto Convitto Cicognini di Prato. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima opera del giovane studente, Primo vere, una raccolta di poesie che ebbe presto successo. Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana Il Fanfulla della Domenica, il libro venne pubblicizzato dallo stesso D'Annunzio con un espediente: fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio molto discusso. Lo stesso D'Annunzio poi smentì la falsa notizia. Dopo aver concluso gli studi liceali accompagnato da una notorietà in continua ascesa, giunse a Roma, dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere.
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